I livelli di responsabilità sociale nel settore marittimo
Etica e Impresa: quale responsabilità sociale? Un equilibrio complesso di Barbara Bonciani per Pisa University Press (2017, pp.79) ripercorre la storia della responsabilità sociale d’impresa, focalizzando sulle componenti sociologiche del tema e ragionando sulla relazione che intercorre tra le imprese e la componente umana e sulle contraddizioni qui tuttora in essere. Il volume contiene anche un’analisi delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi a bordo delle navi e, così, da modo di conoscere un settore economico centrale, ma ancora poco analizzato dal punto di vista della RSI, qual è quello dello shipping.
Le origini e l’evoluzione della RSI: filantropismo, società del rischio ed interventi comunitari
Originariamente, sono stati i cambiamenti peggiorativi apportati dalla rivoluzione industriale nella situazione della classe operaia a far convergere l’attenzione sulla necessità di migliorare la qualità di vita dei soggetti più fragili. In ambito anglosassone e in epoca vittoriana, l’approccio era di tipo filantropico, con imprenditori illuminati (come Owen e Cadbury) attivi nell’assistenza ai più poveri in villaggi a ciò dedicati e contrari ad una visione di società basata e guidata unicamente dal mercato. Negli Stati Uniti, invece, l’etica è stata interpretata dalla cultura manageriale come un elemento strumentale agli interessi delle aziende (come Carnegie e Rockfeller).
Ora, nella società contemporanea definita del rischio, le esternalità negative prodotte dallo sviluppo tecnologico e dalla globalizzazione sono amplificate anche dalla dissoluzione dei modelli di Welfare State e dalla richiesta di trovare soluzioni alle contraddizioni del sistema posta in capo agli individui stessi (Bauman, 2003 e Beck, 2002). In proposito, a livello comunitario, si ritiene specificatamente che la responsabilità sociale d’impresa possa concorrere a realizzare gli obiettivi europei di occupazione, competitività e coesione, come contenuto nel Libro Verde sulla RSI (Commissione Europea, 2001).
Un vaglio empirico: il settore dello shipping
Per comprendere lo stato delle pratiche attuali di RSI, l’autrice propone l’interessante caso dei nomadi di mare, ovvero gli imbarcati sui vettori utilizzati per il trasporto marittimo. L’analisi di questo settore, rilevante visto il considerevole numero di stakeholder coinvolti nella catena logistica, offre un punto di vista globale sul tema, posto che “il 90% del commercio mondiale passa via mare” (p.57). Dalla ricerca svolta, risultano chiare le condizioni usuranti e non tutelate dei lavoratori: su di essi, “1.647.500 nel 2015” (p.61), vengono scaricati gli effetti negativi in termini di retribuzione e di sicurezza –si contano “nel 2015, 3025 incidenti” (p.65)– delle politiche di compressione dei costi attuate dalle imprese dello shipping, nonché gli alti rischi di bancarotta in un settore molto centralizzato e poco regolamentato.
Considerato l’impatto socio-ambientale delle attività nautiche, implementarvi pratiche etiche risulta particolarmente utile ed auspicabile, soprattutto per quanto attiene i servizi di welfare, qui pressoché assenti secondo lo studio di caso. In questa direzione, un impulso positivo è dato dal bisogno stesso delle grandi compagnie di riacquistare la credibilità incrinata dai recenti scandali finanziari e dalla alta competizione settoriale.
Alcune considerazioni sul tema e sul volume
Se si pensa al binomio impresa ed etica, –al di là dell’esistenza di donazioni, sponsorizzazioni, bilanci sociali e codici etici– non mancano esempi distorti, posto che l’assunzione dichiarata di un impegno sociale non costituisce di per sé un elemento di garanzia fattiva e che l’utilizzo che si può fare di uno strumento di RSI può essere proprio quanto improprio. Le attuali strategie contengono, infatti, alcune contraddizioni sulla determinazione dei confini dell’etica ed è in dubbio la reale efficacia dell’approccio volontario, alla luce dei rischi insiti nel deputare le imprese a definire il concetto di etica e le norme per stabilire la moralità di un operato.
La domanda di ricerca va orientata, dunque, su come rendere realmente morale il comportamento effettivo delle aziende e il volume di Barbara Bonciani, rigoroso e approfondito, mostrando l’opportunità di una strategia di azione che parta dalla riduzione delle maggiori irresponsabilità dimostrate dalle imprese e ricorra ad una governance allargata a tutti i portatori di interesse –sindacati, fornitori, clienti, comunità, associazioni e istituzioni pubbliche–, è una preziosa guida nella ricerca di modalità efficaci per far sì che la RSI risponda ai reali bisogni espressi dalla società contemporanea contro i rischi di auto-referenzialità aziendale. La ricerca ha soprattutto il pregio di mostrare la necessità dell’inclusione del tema del precariato –un ambito dai contorni ampiamente de-responsabilizzati– nella sfera della RSI.
Eleonora Maglia
Dottore di ricerca in Economia della produzione e dello sviluppo
Riferimenti
Bauman Z., 2003, Una nuova condizione umana, Vita e Pensiero, Milano
Beck U., 2002, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carocci editore, Milano
Commissione Europea, 2001, Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese, Bruxelles