L’ingrediente segreto nella vita di tutti i giorni.
Intervista a Manuel Caviglia, coach e formatore con diversi progetti in ambito aziendale alle spalle, nel 2012 inizia a certificarsi con Six Seconds scoprendo il mondo dell’Intelligenza Emotiva e del SEL (Social Emotional Learning). Viene poi coinvolto di lì a breve in una nuova sfida, portare il mondo dell’Intelligenza Emotiva nelle scuole. Con diversi progetti dalla scuola dell’infanzia in avanti si occupa di formare docenti, progettare ed erogare laboratori con i ragazzi e gestire progetti SEL a 360°. Sempre più coinvolto in diverse collaborazioni con Six Seconds dal 2020 Manuel diventa responsabile dell’area Education di Six Seconds in Italia.
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FMV: Intelligenza emotiva a scuola. Perché ne abbiamo bisogno?
MC: Viviamo in un’epoca in cui il cambiamento viaggia ad una velocità senza precedenti e la sfida “educativa” è sempre più pressante. I ragazzi sono letteralmente bombardati da stimoli di ogni tipo e non sempre funzionali a sviluppare le loro migliori qualità. La scuola deve essere un luogo in cui i ragazzi possano imparare la bellezza insita nella conoscenza e iniziare a relazionarsi positivamente con i loro coetanei. Purtroppo, oggi questa funzione è, nella maggior parte dei casi, disattesa. Le materie spesso non vengono presentate in modo coinvolgente, gli insegnanti sono formati solo sui contenuti e non sul come trasmetterli in modo avvincente, abilità che viene lasciata alla buona volontà del singolo docente e non è una richiesta del sistema educativo. Risultato: i ragazzi pensano che la cultura sia noiosa, si allontanano dalla “magia del conoscere” e si appiattiscono dietro a facili divertimenti da “divano” spegnendo la luce che è in loro. La conseguenza è che diventeranno adulti poco creativi, si accontenteranno di una vita mediocre e non realizzeranno il meraviglioso potenziale che è in ogni essere umano. L’Intelligenza Emotiva, integrare la nostra parte razionale con quella emotiva per aiutarci a scegliere in modo ottimale, ci aiuta proprio a risvegliare questo potenziale, ad aprirci verso il mondo partendo dalla conoscenza di noi stessi. Integrarla nella didattica significa risvegliare l’amore per il sapere, diventare più consapevoli di se stessi, più abili nell’affrontare le sfide e più sensibili nel relazionarci con gli altri. Una scuola che risveglia questo potenziale è la chiave per un mondo più sostenibile, non a caso in Six Seconds si collabora con gli SDG delle Nazioni Unite. Penso che la chiave di volta che risponde a questa domanda sia proprio la sostenibilità.
FMV: Come cambiano insegnamento e apprendimento attraverso l’utilizzo delle emozioni?
MC: Gli insegnanti scoprono che la loro “arma più potente” per far studiare i ragazzi non è il voto ma è il saper risvegliare la loro curiosità e interesse. Ogni essere umano ha una mente meravigliosa che deve essere coltivata e le Emozioni hanno un ruolo vitale. Sono ciò che ci fa muovere. Se diventano veicolo di apprendimento ecco che la conoscenza mostra la bellezza insita in sé ed i ragazzi si appassionano, sviluppano spirito critico, ragionano insieme e sviluppano qualità che li farà essere adulti più brillanti. Le lezioni in classe diventano divertenti, stimolano l’apprendimento e la socialità. Oggi le neuroscienze ci confermano che si apprende attraverso emozioni piacevoli e pensando a quanti ragazzi lamentano che la scuola è noiosa ci troviamo di fronte ad un paradosso scientifico. Usiamo la noia per insegnare. In effetti cosa ci ricordiamo di quello che abbiamo studiato? Sicuramente molto poco se la noia è stata l’emozione che ha accompagnato il cammino.
FMV: Che cos’è il Metodo SEL e che cosa significa pianificare una lezione secondo i suoi principi chiave?
MC: Il SEL, metodologia di apprendimento socio-emotivo, è un processo che utilizza le emozioni come veicolo di apprendimento, mirato non solo a trasferire un sapere in modo coinvolgente ma anche a creare un processo di sviluppo dei ragazzi come esseri umani più responsabili e orientati verso gli altri. In Six Seconds utilizziamo diverse metodologie e strumenti per aiutare gli insegnanti a strutturare la loro didattica in modo da utilizzare le emozioni in modo efficace. Le lezioni non si basano più solo su trasmissione dei contenuti in modo frontale, i ragazzi vengono coinvolti emotivamente favorendone poi una partecipazione attiva mirata alla loro crescita. Ognuno è stimolato a trarre le proprie conclusioni e a costruire il proprio apprendimento.
FMV: Ci racconti qualche best practices in cui hai implementato il Metodo SEL e i risultati più evidenti che sono stati ottenuti?
MC: Quando un progetto SEL vede a monte degli insegnanti coinvolti e motivati che riescono a far diventare la cultura dell’Intelligenza Emotiva un linguaggio e un patrimonio all’interno della classe i risultati sono spettacolari. In un progetto durato due anni in una scuola elementare a Roma abbiamo visto gli stessi genitori chiedere di essere formati sull’Intelligenza Emotiva, stupiti dai cambiamenti positivi che vedevano nei loro figli. I ragazzi dopo due anni di laboratori sull’Intelligenza Emotiva hanno voluto organizzare una conferenza tenuta da loro in cui raccontare l’Intelligenza Emotiva e i suoi benefici, conferenza che hanno portato alla Scuola Media del loro Plesso Scolastico. Preparare le slide, parlare in pubblico… Competenze che sicuramente gli saranno utili nella vita. Mi rimangono impresse le parole di un bambino che alla domanda quale beneficio ti hanno dato questi laboratori sull’Intelligenza Emotiva ha risposto: «Ho iniziato a capire che emozioni provava un altro bambino quando lo prendevo sempre in giro, quindi ora non lo prendo in giro più». La magia è stata davvero merito della passione che gli insegnanti hanno messo nel formarsi e nel far diventare il SEL e l’Intelligenza Emotiva un uso quotidiano all’interno della classe. Fondamentale quindi in un progetto SEL lavorare al coinvolgimento e alla partecipazione degli insegnanti. Questo è “l’ingrediente segreto” che innesca la “magia” e che fa sì che le attività laboratoriali prendano vita e diventino un linguaggio consolidato nella quotidianità della classe. In questo modo l’Intelligenza Emotiva, in quanto allenamento, prende forma nella vita di tutti i giorni.
FMV: Ci sono “pericoli” con cui fare i conti nel “liberare” l’intelligenza emotiva a scuola?
MC: Il pericolo in un processo di risveglio del proprio potenziale è dover fare i conti con chi non ne vuole sapere, con chi rimane insensibile di fronte alla conoscenza. Si potranno avere delusioni. La stessa Intelligenza Emotiva tuttavia potrà aiutarci a navigare questa delusione, a capire che non tutti sono pronti per una strada di consapevolezza, immedesimandoci grazie all’empatia negli altri. Impariamo ad accettare le differenze dal momento che abbiamo “nuovi occhiali” per vederle meglio. Inizialmente può creare qualche emozione sfidante (e mi ci trovo immerso anche io da adulto in questo), ma fa parte del gioco e può diventare persino divertente se si impara come giocare.
FMV: Oggi si parla tanto di “re-imparare” a vivere le relazioni. Quali sono le competenze emotive che, secondo te, possono aiutare in ambito scolastico a costruire relazioni sane fin dall’infanzia? E in che modo la relazione famiglia-scuola può beneficiare di questo apprendimento?
MC: Parlando di relazioni senz’altro vengono in mente la consapevolezza delle dinamiche emotive coadiuvata dall’empatia. Riconoscere le proprie e altrui emozioni, gli impatti che hanno sui nostri comportamenti ci aiuta ad entrare poi nella fase di gestione. L’empatia ci dà una marcia in più immedesimandoci in ciò che l’altro prova e agire guidati da questa preziosa informazione. Mi viene in mente un genitore di uno dei ragazzi con cui abbiamo svolto dei laboratori che mi ha raccontato che una volta il figlio stava per chiedergli una cosa ma si è fermato dicendo al padre: “Papà mi sembri un po’ stanco adesso riposati, ti chiederò più tardi quello che volevo”. Inutile dire che il padre è rimasto stupefatto!
La buona notizia è che l’empatia si può allenare e per certi aspetti è un seme innato nell’essere umano. Si deve imparare a coltivarlo e l’educazione può fare moltissimo in tal senso. Ed è un seme che può contribuire a curare il peggior male della nostra società che è l’egoismo.
FMV: Quello che hai imparato di più da quando ti occupi di educazione e scuola e quello che ti piacerebbe imparare un po’ di più a partire da domani.
MC: Sembra paradossale ma grazie ai bambini, ai primi progetti svolti ho imparato la potenza del SEL. Studi una metodologia, ti convince, sai che è buona ma vedere i risultati sul campo con i propri occhi vale di più di leggere autorevoli ricerche. Ho provato la piacevole sensazione di stupirmi di fronte a quanto dei bambini, e di base l’essere umano, possano evolvere e crescere aprendo le porte ad un lavoro su se stessi. Vedere con i mei occhi ciò che avevo letto e studiato sui libri. L’educazione non deve formare solo professionisti (che poi spesso si ritrovano a scegliere una professione che non amano) ma prima di tutto essere umani. Ho imparato quindi la potenza di un allenamento costruttivo teso all’evoluzione del potenziale umano.
Quello che mi piacerebbe imparare maggiormente è gestire le emozioni che vivo nel sapere quanto questa strada sia importante e allo stesso tempo vedere che ai più rimane sconosciuta. Come dire hai la bacchetta magica ma la maggioranza delle persone non è interessata e non crede alla magia. La mia sfida è navigare le emozioni di questa consapevolezza e imparare ad accettare e rispettare anche chi non è pronto per questa strada. In queste acque emotive un po’ turbolente la chiave è essere tu il cambiamento che vuoi vedere negli altri e accettare le differenze. Lezione che sto imparando e che penso sia importante anche trasmettere ai ragazzi.
FMV: Una domanda “difficile”: qual è, secondo te, l’emozione più bella che i bambini possono imparare tra banchi di scuola?
MC: Più che imparare direi vivere… Mi viene in mente la spontaneità. Sentirsi liberi di essere se stessi, di esprimere le proprie idee, di concedersi di poter sbagliare. Alle elementari fai una domanda e alzano tutti la mano (anche solo per poi dire “non lo so”!). Alle medie e al liceo la mano si abbassa, ci si chiude e si impara a temere il giudizio.
Mantenere la spontaneità e lo spirito del bambino e gestirlo in modo intelligente con la saggezza dell’adulto penso sia un bel dono che la scuola può offrire ai ragazzi e che racchiuda molto il concetto di utilizzo intelligente delle emozioni.