Fare rete tra imprese
Negli ultimi anni, le trasformazioni dei sistemi di welfare hanno portato a rispondere alle istanze emergenti dai nuovi rischi sociali. Tra questi nuovi protagonisti, rientranti oggi nell’accezione di secondo welfare (Maino e Ferrera 2013, 2015, 2017), vi sono le aziende.
Il welfare aziendale nel 2015, secondo il Rapporto Istat, ha coinvolto il 21,7% delle imprese italiane, raggiungendo il 31,3%, considerata anche la contrattazione individuale. Tuttavia, lo sviluppo dei programmi di welfare risulta fortemente influenzato dalla dimensione delle imprese: a questo proposito, il Rapporto Welfare Index PMI 2018 evidenzia sia come i dispositivi di welfare crescano in maniera significativa all’aumentare del numero dei dipendenti, sia come stiano aumentando le PMI che sperimentano alleanze, programmi condivisi di welfare (9,2% contro il 5,8% del 2017) e partecipazione a reti territoriali (Maino 2014; Pesenti 2017). Basti pensare alla rete Giunca di Varese nel 2012 e alle neonate reti Welfare Trentino e Welfare Alto Adige-Sud Tirol del 2017.
Di seguito riportiamo la sintesi dei risultati di una ricerca empirica condotta tra novembre 2016 e febbraio 2017 avente come oggetto due reti per l’implementazione di politiche di welfare aziendale. A guidare la ricerca, da un lato l’idea che le piccole e medio imprese non possiedano, rispetto a grandi imprese e multinazionali, gli strumenti necessari per l’implementazione di queste politiche, da qui l’aggregazione in rete come proposta facilitatrice; dall’altro lato, l’ipotesi che mediante la costruzione di reti territoriali fra imprese possa svilupparsi un modello di welfare non solo circoscritto all’interno delle imprese stesse, ma in grado di impattare sulla comunità circostante, dove le reti si collocano e operano.
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La ricerca ha analizzato la governance di rete, le modalità di concepire i dispositivi di welfare, le politiche e gli interventi realizzati attraverso l’aggregazione in rete. Particolare attenzione è stata dedicata all’analisi della cultura del territorio, centrale nello sviluppo di un benessere plurale (Prandini 2014). Due gli esempi di reti considerati: Giano di Correggio (Reggio Emilia), formalizzata a giugno 2016 e coordinata da Unindustria Reggio Emilia, e WelfareNet, delle province di Padova e Rovigo, dalla primavera 2014 a quella del 2015.
Nella ricerca si è evidenziato, in primo luogo, come le reti si siano costituite attorno e a partire da un soggetto catalizzatore, quali associazioni datoriali e di rappresentanza delle imprese, nel primo caso Unindustria Reggio Emilia e nel secondo caso l’Ente Bilaterale Veneto. Tali soggetti si sono fatti promotori dello sviluppo dei progetti di rete e del coinvolgimento delle realtà interessate a parteciparvi. Il loro è stato un ruolo di coordinamento e di supporto.
Nel caso della rete Giano, le attività del comitato di gestione prevedono la discussione dei dispositivi da realizzare con il riconoscimento della massima libertà di adesione o meno da parte di ciascuna realtà coinvolta, rispetto a esigenze e popolazione aziendale. Nel secondo caso, la governance partecipativa si riscontra nella suddivisione di ruoli, compiti e obiettivi da raggiungere per ciascun partner, nonché a partire da relazioni fiduciarie e attività precedenti alla rete. Entrambi i casi si caratterizzano per relazioni di natura informale fra gli attori, al di fuori di quanto previsto dalle rispettive forme di regolamentazione (la presenza di un contratto di rete, per Giano, che consente di intravedere lo sviluppo di un programma nel lungo periodo e un accordo di partenariato, per WelfareNet, più “informale”, che sembra caratterizzarsi per condizioni meno vincolanti e prospettive temporali nel breve periodo).
Nell’analisi della governance delle reti appare importante sottolineare come nei due casi di studio sia stato possibile individuare elementi significativi nella definizione delle relazioni fra gli attori. Nel caso della rete Giano, l’associazione delle aziende della rete all’organizzazione di rappresentanza (Unindustria) e di coordinamento, che testimonia un dialogo antecedente alla nascita della rete stessa, nonché la presenza di rapporti già consolidati fra le parti, seppur relativi ad altre aree tematiche. Rispetto alla rete WelfareNet, la conoscenza e la partecipazione pregressa ad altre attività progettuali fra i diversi attori poi divenuti partner della rete; si tratta, sociologicamente parlando, di relazioni fiduciarie, di collaborazione e reciprocità che hanno permesso di ipotizzare la presenza di un buon capitale sociale fra gli attori coinvolti (Donati 2007).
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Le reti territoriali di welfare veicolano e promuovono una specifica cultura di welfare aziendale (Orlandini 2014; Macchioni e Orlandini 2015). A questo proposito, Giano e WelfareNet, si caratterizzano per l’assenza di una cultura condivisa fra tutti i membri partecipanti. Le cabine di regia evidenziano, rispettivamente, una cultura di responsabilità sociale e una visione contenente al suo interno elementi di produttività (modello performativo) nella progettazione territoriale multistakeholder. Le aziende nel loro insieme appaiono caratterizzarsi per una cultura performativa, che concepisce il welfare aziendale quale opportunità per lo sviluppo dell’azienda e per mantenere e attrarre nuove figure professionali. Rispetto allo sviluppo di una certa sensibilità nei confronti di una cultura di responsabilità sociale, le aziende hanno iniziato a farsi carico del vissuto personale del lavoratore, non più percepito meramente come unità produttiva. Nei partner della rete WelfareNet si sottolinea l’assenza di una visione comune e l’analisi evidenzia una cultura di welfare di tipo performativo, legata alla produttività delle imprese. I partner sindacali appaiono molto legati alla contrattazione, mentre i partner del terzo settore e delle cooperative di servizi manifestano una visione di welfare, frutto di una progettazione condivisa fra più parti.
Nell’ambito della dimensione culturale, la ricerca ha evidenziato, rispetto alla rete WelfareNet, una serie di difficoltà di reperimento di dati e nel dialogo con le aziende del territorio rodigiano, dove il tema del welfare aziendale e del benessere dei lavoratori non è stato ancora assorbito e percepito, motivo per il quale le attività si sono concentrate prevalentemente nell’area di Padova.
Una discordanza nei due casi analizzati è sorta sul tema della percezione del territorio. Nel caso della rete Giano, si evince una certa convergenza da parte degli attori, nella rete WelfareNet una simile visione (Magnaghi 2010, 2012; Becattini 2015) risulta frammentaria, particolarmente presente nella cabina di regia e nei partner di rete, parzialmente nei partner operativi e scarsamente presente nelle aziende coinvolte.
Tutte le parti coinvolte sono concordi nel riconoscere, rispetto ai mutamenti in atto, una crescita del ruolo delle imprese negli interventi volti a favorire azioni di benessere e welfare aziendale rispetto ai bisogni degli individui. Pur in presenza di risorse finanziarie, le parti sottolineano come il welfare aziendale debba ricoprire e ricopra un ruolo di complementarietà in alcun modo sostitutivo.
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La ricerca, infine, ha focalizzato l’attenzione sui programmi di welfare implementati dalle reti. Nella rete Giano, fondamentalmente due misure: l’attivazione di convenzioni a sostegno della conciliazione (in particolare con campi estivi per i figli dei dipendenti) e della riparazione delle auto dei dipendenti; rispetto alla rete WelfareNet: la realizzazione di azioni di formazione sul tema del welfare e di analisi dei fabbisogni dei lavoratori (a cura dell’ente di ricerca Adapt e della società di consulenza Innova Srl), la riorganizzazione di alcune iniziative di welfare già svolte da parte di alcune aziende (ma non percepite fino a quel momento nell’ottica di programmi di welfare aziendale) e la valorizzazione e l’incremento dei servizi offerti dalla bilateralità (in particolare servizi ai lavoratori e alle aziende, in termini di sussidi, rimborsi, e contributi, nonché l’erogazione di attività formative per entrambe le categorie).
Nell’ambito delle attività di rete, la ricerca ha evidenziato l’introduzione di due nuove tipologie di servizi: un buono per la conciliazione vita-lavoro (per rimborsi ad attività quali asili nidi, centri estivi e dopo-scuola) e un servizio di orientamento al lavoro per i figli dei titolari e dei dipendenti delle aziende. Tuttavia, nonostante la rete, non sono stati introdotti programmi strutturati di welfare aziendale, sia per le tempistiche richieste, sia in considerazione delle normative vigenti in materia.
Complessivamente è possibile affermare, in primo luogo come le reti abbiano sicuramente contribuito ad avvicinare le piccole e medio imprese al tema del welfare aziendale, permettendo alle PMI coinvolte nella ricerca di sviluppare una nuova sensibilità verso questo tema; in secondo luogo, come un modello di welfare territoriale e reticolare sembra orientarsi nella direzione di una valorizzazione del territorio circostante, a partire da alcuni vettori di sviluppo. Quest’ultimi riguardano in particolare: la predisposizione di iniziative allargate alla sfera familiare del dipendente; il sostegno alle attività locali e ai servizi del mondo del Terzo settore; l’aggregazione in rete di soggetti pubblici, privati e della società civile; la valorizzazione dei servizi offerti dalla bilateralità; la creazione di portali di servizi curati da provider catalizzatori dell’incontro fra bisogni e risorse; la costituzione di nuove attività di servizi e di agenzie sul territorio per le imprese, aperte anche alla cittadinanza.
Tali vettori producono: da un lato, esternalità positive, generando benessere non solo nei confronti dei lavoratori delle aziende; dall’altro, uno spazio di relazionalità e progettazione condivisa per le politiche di welfare da individuare nel territorio. L’ampio programma di attività enunciate e stilate per il futuro da parte della rete Giano, nonché la nascita del progetto “WelfareNet – reti in reti”, per la costituzione di una rete regionale di servizi di welfare, sono elementi che consentono sempre più di concettualizzare la centralità del territorio nelle dinamiche di welfare e, in particolare, di pensarlo come spazio per una governance multistakeholder, dove le imprese possano fungere da punti di partenza per un modello di welfare in grado di generare benessere oltre le proprie mura.
Lorenzo Arletti
dottore Magistrale in Sociologia e Ricerca Sociale, Università di Bologna
Riferimenti bibliografici
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Donati, P., 2007 L’approccio relazionale al capitale sociale, in Donati, P. (a cura di), Il capitale sociale. L’approccio relazionale, Milano, Franco Angeli
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Maino, F., Ferrera, M. (a cura di), 2013 Primo Rapporto sul secondo welfare in Italia 2013, Torino, Centro di Ricerca Documentazione Luigi Einaudi
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Prandini, R., 2014 Welfare aziendale territoriale: semantiche, innovazioni e primi esempi, in Rizza, R., Bonvicini, F. (a cura di), Attori e territori del welfare. Innovazioni nel welfare aziendale e nelle politiche di contrasto all’impoverimento, Milano, Franco Angeli