I cervelli in fuga che ritornano
Sentiamo ormai molto spesso i racconti di chi lascia l’Italia per andare all’estero. E non ci stupiamo quasi più della “fuga dei cervelli” che impoverisce da vari anni il nostro paese. Siamo abbastanza abituati ai racconti di chi vorrebbe tornare, ma non riuscendo a trovare un canale professionale che lo sostenga alla fine è costretto a rinunciare. Quasi per nulla possiamo raccontare di chi torna e si reinventa nel proprio contesto, tra le proprie radici, nel desiderio di ripartire con tanto entusiasmo proprio là, dove si è nati e cresciuti.
Oggi raccontiamo un caso positivo di imprenditoria giovanile e rientro dei talenti in Italia. E lo facciamo con la storia di MEET Project, quella di sei giovani calabresi che si sono formati lontano da casa e che poi hanno deciso di tornare nella loro terra d’origine. E un ritorno così, oltre a essere inusuale, ha anche qualcosa di straordinario.
Claudia, Elio, Viviana, Stefano, Barbara, Alessandra mettono in piedi un’impresa la cui mission, come leggiamo dal sito, è “connettere persone e supportare la realizzazione di progetti che favoriscano il reciproco miglioramento e uno sviluppo sostenibile, inclusivo e intelligente dei territori”. Si vabbè, ma in pratica? In pratica MEET project è una cooperativa sociale che promuove il dialogo interculturale e sostiene iniziative di sviluppo, personale e professionale, di giovani, siano essi italiani o stranieri, in percorsi di autoimprenditorialità. Come dice il loro slogan, che abbiamo scelto come titolo dell’intervista: “Nuovi occhi per reinventare vecchie terre”.
Un modello di impresa che nasce da formazione, cultura e territori differenti e soprattutto dalla grande voglia di trasformare i problemi in risorse.
FMV ha intervistato Claudia Foresta – una laurea magistrale in Giurisprudenza all’Università di Bologna e un’abilitazione per la professione di avvocato – che si occupa di integrazione.
Di seguito riportiamo l’intervista.
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FMV: Sembra scontato chiedere: come nasce MEET Project? O forse sarebbe meglio dire: ma come vi è venuto in mente…
CF: Nell’idea iniziale c’era sicuramente una gran dose di voglia di rinnovamento, di inventiva, di speranza, di mettere in gioco le proprie sensibilità e competenze per creare qualcosa di bello e di condiviso. Nell’originario percorso associativo (di cui ancora non facevo parte), precedente alla costituzione in cooperativa, gli altri ragazzi hanno realizzato molte attività volte alla promozione del dialogo interculturale, della partecipazione giovanile e di nuove forme di cittadinanza attiva di italiani e stranieri (sensibilizzazione, infoday divulgativi sul tema delle migrazioni, dell’economia sociale, degli stili di vita sostenibili). La naturale evoluzione di MEET Project come cooperativa sociale, oggi composta da 6 giovani under 35, è scaturita poi dalla volontà di dare vita a una start up innovativa a vocazione sociale che si occupasse di sviluppo locale e integrazione, applicando modelli di innovazione e percorsi di sviluppo aventi alla base una nuova visione di questo territorio e delle sue potenzialità spesso velate o silenti e anche delle fragilità che essa porta con sé: da qui i nostri “nuovi occhi per reinventare vecchie terre”. Dare un senso di ricostruzione in un momento in cui tutto sembra crollato. Dare un senso al ritorno.
FMV: Esperti legali, consulenti, comunicatori, mediatori linguistici: ci sono vari profili professionali nel vostro gruppo. È una scelta oculata o è stato un caso… fortunato?
CF: Ogni avvenimento si può definire “caso fortunato”… solo per chi sa riconoscerlo e vuole accoglierlo! Credo che il nostro incontro (per alcuni di noi un reincontro) abbia portato con sé una componente di fortuna, su cui poi però noi abbiamo compiuto una scelta, derivante dalle istanze di sviluppo, di realizzazione al servizio degli altri e del territorio che sentivamo forti dentro di noi e che ognuno poi ha declinato nella sua personalissima forma, ma convergente nel progetto condiviso. Iniziare a immaginare – e pian piano a realizzare – un nuovo orizzonte ognuno con il proprio linguaggio e la propria inclinazione ci è parso subito una ricchezza e l’abbiamo vissuto come tale. Diciamo una fortuna nella genesi del nostro gruppo, poiché non è stata calcolata a tavolino, ma poi un impegno nel prosieguo, mantenendo unite le diverse componenti che non sempre – o non immediatamente – si prestano a una definizione poi così netta o univoca nella concretizzazione della nostra idea di impresa. Il dover rispondere alle esigenze della cooperativa o alle proposte che ci giungono dall’esterno richiede un continuo reinventarsi e riadattarsi, soprattutto nella fase embrionale d’impresa (siamo infatti nel nostro primo anno di vita, ci siamo costituiti in cooperativa sociale nel dicembre del 2016). Sicuramente lo sguardo composito talvolta è più complesso e faticoso da ricondurre a unità, ma è quello che garantisce un risultato più bello.
FMV: Tra i vostri progetti il tema dell’integrazione sembra occupare un posto privilegiato. È una scelta, anche questa, dettata dal territorio in cui vi trovate a operare?
CF: È una scelta dettata dal nostro tempo, direi. E dalle nostre formazioni che, sebbene eterogenee, si armonizzano nella visione comune riguardo al prossimo, alle periferie, alle fragilità sociali ed esistenziali. È un approccio alla vita innanzitutto. Poi sicuramente risponde ad alcune carenze che a queste latitudini forse sono più acute che altrove: la Calabria è tra le regioni d’Italia in cui si investe meno nel sociale, nei sostegni contro la povertà e l’emarginazione sociale in genere; inoltre, paradossalmente, pur essendo stati protagonisti di imponenti migrazioni in tempi passati, non riusciamo ancora del tutto a comprenderne la fisiologica ineluttabilità e la potenziale occasione di crescita e arricchimento, ora che ne siamo spettatori. E non parlo affatto del c.d. business dei migranti (che pure c’è e va isolato operando buone pratiche e percorsi di vera autonomia e dignità), ma della grande opportunità di espandere i nostri orizzonti che per troppo tempo sono rimasti stretti e costretti in confini asfissianti. È stato questo desiderio a muovere il nostro principale progetto, Impresa MEETiccia: formazione dei migranti sui temi del lavoro e della costituzione dell’impresa in Italia, individuazione delle competenze e accompagnamento all’individuazione e allo sviluppo di una possibile idea imprenditoriale, perché l’accoglienza diventi integrazione vera attraverso il lavoro, perché lo sradicamento e la fuga diventino dignità, perché l’illegalità venga relegata in spazi sempre più ridotti, perché emerga una nuova forma di economia fondata sull’incontro di diversi substrati culturali, del migrante e dell’autoctono.
Senza contare, poi, la profonda somiglianza che ci troviamo a constatare tra popoli come il nostro che si affacciano sul Mediterraneo e non solo. Proprio a breve ci appresteremo a organizzare un grande festival di musica dell’area euromediterranea, nell’ambito di un progetto volto alla valorizzazione delle aree interne della Calabria, che sarà realizzato con il coinvolgimento dei ragazzi del comune di Carlopoli (CZ) e dei ragazzi ospiti dei centri d’accoglienza SPRAR/CAS della stessa zona.
FMV: Siete anche molto attivi dal punto di vista della comunicazione. Cultura, impresa, ecologia, cooperazione: sono questi i vostri pilastri?
CF: Nella prima fase e con la prima formazione, quando è nata MEET Project associazione, si erano stabiliti quattro “pilastri” su cui sviluppare attività di sensibilizzazione, divulgazione e di realizzazione di iniziative di varia natura: impresa, cooperazione, ambiente e cultura. Macrotemi sicuramente orientati dal territorio in cui viviamo e in cui alcuni di noi sono rientrati dopo anni di nomadismo. Un po’ come delle pillole per curare delle ferite: l’impresa per riattivare un circuito economico e sociale annichilito, paralizzato in forme di impresa miopi o comunque monopolistiche, e per ricostruire speranza e orizzonti; la cooperazione per far rinascere fiducia e forme condivise di lavoro con particolare attenzione alle fasce soccombenti dell’ormai collassato sistema economico/politico; l’ambiente per difendere lo scenario in cui tutto questo deve muoversi e per valorizzare le ricchezze (tante) che ci ricordano chi siamo e quanto ancora hanno da regalarci se solo le tuteliamo e potenziamo in maniera visionaria e responsabile; la cultura, per restituire strumenti di lettura e di elaborazione critica della realtà a una terra volutamente mantenuta nell’ignoranza, nell’apatia, nell’atteggiamento lamentoso e vittimistico.
Sebbene in fase associativa MEET abbia organizzato molti eventi tra proiezioni di film, role play per coinvolgere la comunità sul tema dell’integrazione e presentazioni di libri, gradualmente il suo focus si è spostato con accento crescente sulla cooperazione e sull’impresa, fino ad arrivare alla partecipazione a tre progetti nazionali (di cui uno come finalisti del bando Welfare Che Impresa indetto da Fondazione Accenture) e alla fase costitutiva della cooperativa sociale, a seguito della vincita del concorso regionale CoopStartup.
FMV: In tema di valori condivisi il progetto Giovani&Futuro comune vi vede collaborare a fianco di “colossi” come Fondazione Vodafone. In cosa consiste il vostro impegno?
CF: In collaborazione con Talent Garden Cosenza e Associazione Goodwill-Città delle idee, MEET Project segue il progetto Giovani&FuturoComune, finanziato da Fondazione Vodafone e Fondazione con il Sud. Questo ha l’obiettivo di stimolare e guidare gli studenti delle scuole superiori nella progettazione di interventi a carattere imprenditoriale e socialmente responsabile che rendano dei beni comuni, preventivamente individuati per ciascuna provincia della regione, non solo valorizzati e usufruibili dalla collettività, ma anche capaci di generare utilità economica.
Giovani&FuturoComune vuole creare un hub per il Sud Italia dove i giovani possano formarsi sui temi della sharing, circle e digital economy applicandole all’imprenditoria sociale e culturale per sviluppare nuove idee d’impresa o per diventare i manager delle aziende che saranno diventate bene comune, perché socialmente responsabili e capaci di investire in innovazione.
Nello specifico, per ogni provincia della regione vi è un L.E.T. (local education team) e per Catanzaro è appunto MEET Project, la quale ha coinvolto 3 scuole e 150 alunni, avviando all’esito del percorso una startup MEETiccia (Microtech) composta da ragazzi italiani ed egiziani under 20 che hanno progettato un laboratorio di micropropagazione avente lo scopo di valorizzare il Centro Servizi Avanzati Condoleo. Abbiamo accompagnato questi ragazzi nella fase di formazione, di training specifico, di elaborazione dell’idea imprenditoriale/proposta e di selezione.
FMV: Un piccolo bilancio da quando avete iniziato a oggi: ve l’aspettavate così?
CF: Molto è stato realizzato – davvero tanto in nove mesi! – ma tanto ancora è da imparare. Attualmente MEET Project è presente con i suoi servizi di formazione e di avvio di impresa in tre centri di prima accoglienza nelle province di Catanzaro e Cosenza, insieme con attività di educazione civica, di animazione sociale culturale e con l’insegnamento dell’italiano. Inoltre sono stati realizzati: un laboratorio sperimentale di psicolinguistica, rivolto a insegnati di italiano per stranieri, mediatori culturali e psicologi; infoday di formazione e informazione sui programmi europei e 3 scambi europei che hanno coinvolto 11 giovani; una visita archeologica interculturale al Parco Scolacium; una giornata informativa sui diritti dei lavoratori; una collaborazione con un giovane designer del Togo nell’ambito della Catanzaro Design Week; attivato un network composto da circa 11 associazioni locali con cui sono stati realizzati eventi e presentati progetti.
La realtà a volte è migliore della fantasia.
FMV: Il tuo sogno per domani?
CF: Rimanere sempre in cammino con persone in cui scorgere la stessa scintilla di desideri apparentemente irrealizzabili, talmente visionari da essere lievito del cambiamento reale.