Il testo che segue è il frutto di un progetto in corso da parte della Fondazione Sodalitas per supportare la transizione verso un modello di smart working nelle imprese no profit.
Di smart working si parlava in Italia ormai da oltre 5 anni con applicazioni nelle aziende che interessavano circa 600.000 persone; l’attenzione suscitata da parte di aziende, istituzioni e sindacati era limitata e a volte circospetta, più un fenomeno di tendenza che un profondo processo di trasformazione organizzativa del lavoro. Le vicende legate alla pandemia corona virus hanno immediatamente portato alla ribalta lo smart working, o meglio il lavoro da remoto e più spesso da casa, come fenomeno di massa che ha interessato oltre 7 milioni di italiani. Sicuramente lo stato di necessità ha fatto molto di più che qualsiasi buona intenzione: la necessità delle imprese di dare continuità, ove possibile, alle attività produttive, il timore di lavoratori e sindacati di rischiare di perdere il lavoro, l’urgenza del governo di applicare il lavoro agile senza gli adempimenti previsti dalla legge nelle imprese e nella pubblica amministrazione.
Nella prospettiva di un graduale superamento dell’emergenza possiamo pensare all’introduzione dello smart working nelle imprese fuori da una logica difensiva, dettata da uno stato di necessità ed urgenza, e in una direzione di sviluppo e crescita organizzativa?
Cominciamo con il tentativo di definire che cosa sia lo smart working per evitare confusioni ed essere consapevoli della reale portata delle trasformazioni che ne possono derivare: per smart working intendiamo un modello di organizzazione del lavoro che, sfruttando le opportunità delle nuove tecnologie applicate ai processi aziendali, ristruttura le dimensioni di spazio e di tempo rispetto al paradigma tradizionale del rapporto di lavoro subordinato, dando alle persone più opportunità nell’equilibrio tra tempi di vita e di lavoro ed una maggiore responsabilità, alle imprese la possibilità di migliorare l’efficienza e la flessibilità organizzativa, all’ecosistema di riferimento una maggiore sostenibilità sociale e ambientale.
Si tratta quindi di intervenire sull’organizzazione aziendale in maniera sistemica, toccando tutte le dimensioni che ne determinano il funzionamento, partendo da una consapevolezza di:
- approccio: pensare che lo smart working sia una opportunità per cambiare la cultura e migliorare i risultati della nostra organizzazione;
- scopo: migliorare il modo in cui le nostre persone lavorano e vivono organizzando in maniera moderna la nostra impresa;
- obiettivi: creare contesti, formare comportamenti e definire misure di efficacia organizzativa per realizzare un vero cambiamento.
Si tratta di un percorso di consapevolezza che passa attraverso un set di valori inscindibili per realizzare il cambiamento: Fiducia nelle persone, Responsabilità delle persone, Innovazione, Cultura del miglioramento continuo.
Vediamo ora sul piano operativo come “mettere mano” alla nostra organizzazione per trasformarla in una impresa “smart working”: per farlo abbiamo individuato 8 dimensioni che implicano la definizione di progetti specifici di intervento organizzativo:
- la natura delle attività ed i processi;
- la digitalizzazione dei processi;
- le persone, gli spazi e gli strumenti;
- le persone e le competenze;
- i leader e le competenze;
- il performance management;
- le regole e la comunicazione;
- la sicurezza.
La natura delle attività ed i processi
Si tratta in questa dimensione di capire se e come le attività gestite ed i servizi erogati possano essere ridisegnati fuori dai paradigmi spaziali e temporali correnti. In alcuni casi occorrerà fare un vero esercizio di innovazione, immaginazione e creatività (supportato da sano realismo) per evitare di non essere vittime dello status quo (abbiamo fatto sempre così e non si può cambiare).
L’altro esercizio di analisi è la ricognizione dei processi di lavoro, seguendo un approccio che tende a mettere i soggetti che animano i processi in una relazione diretta, limitando ruoli e funzioni di intermediazione quando non di vera e propria rendita di posizione dovuta al possesso di dati e informazioni.
La digitalizzazione dei processi
Al centro di quello che viene chiamato digital workplace, la digitalizzazione dei processi dovrà proporsi una revisione di quelli esistenti, utilizzando la tecnologia disponibile per la dematerializzazione documentale e l’accessibilità e condivisione virtuale delle informazioni. Prerequisito dell’innovazione tecnologica sarà la semplificazione delle procedure attraverso la sopra richiamata disintermediazione delle transazioni amministrative e di controllo. Questo implica una assunzione di responsabilità diffusa a tutti i livelli di management e delle persone.
Le persone, gli spazi e gli strumenti
Un ulteriore aspetto legato alla creazione di un digital workplace è il ripensamento dei posti di lavoro tradizionali e delle dotazioni e infrastrutture IT; gli spazi potranno essere non solo ottimizzati in funzione del nuovo livello di presenze in ufficio e dell’adozione di modalità di prenotazione dei posti di lavoro, ma anche resi più gradevoli e soprattutto funzionali alla condivisione spaziale e virtuale dei team di lavoro e all’abbattimento di barriere gerarchiche. Analogamente le dotazioni tecnologiche delle persone e le infrastrutture di comunicazione dovranno essere basate su criteri di mobilità ed accessibilità.
Le persone e le competenze
Le persone possono sicuramente trarre un beneficio dall’introduzione dello smart working: pensiamo al tempo risparmiato per raggiungere il posto di lavoro, alla maggiore concentrazione con la quale possono assolvere il proprio lavoro, al senso di maggiore autonomia e responsabilità del loro ruolo professionale. Ma per cogliere questi benefici è necessario assumere una mentalità che metta al centro la propria spendibilità professionale (employability) attraverso comportamenti coerenti con la nuova organizzazione del lavoro e, se non già possedute, nuove capacità, prevalentemente legate alle soft skill, quali: autonomia, organizzazione e programmazione del lavoro, orientamento ai risultati e al miglioramento continuo, consapevolezza delle proprie performance e della loro misura, relazioni interpersonali e comunicazione fuori dagli schemi consueti, gestione proattiva del rapporto verso il proprio leader ed i team di lavoro, cura dello sviluppo delle proprie competenze attraverso la formazione continua.
I leader e le competenze
I leader devono affrontare il cambiamento forse più consistente in quanto devono uscire dagli schemi tradizionali del controllo fisico e transazionale basato su una dimensione del ruolo organizzativo esclusivamente formale e gerarchico, sui simboli di status, su aspetti esclusivamente quantitativi e sul continuo intervento decisionale dettato dalla limitazione delle deleghe e dell’autonomia dei collaboratori. Anche i leader devono dunque assumere nuovi comportamenti e capacità quali: meno microdecisioni e più scelte strategiche, meno supervisione basata sul controllo delle transazioni e più focalizzata sulla verifica dei risultati, maggiore attenzione allo sviluppo delle nuove competenze delle proprie persone, maggiore capacità di organizzare e programmare il lavoro del team e degli individui legandolo a standard di risultato, obiettivi e competenze, maggiore fiducia nei confronti delle persone e cura dei loro bisogni e aspettative.
Il performance management
L’adozione ed il modello di performance management è sicuramente importante per realizzare un contesto organizzativo di smart working, sia in relazione alle nuove competenze richieste ai leader sia a quelle richieste alle persone. Un qualsiasi modello di performance management non può prescindere dalla natura dei processi tipici dell’organizzazione e dagli indici di produttività (KPI) attesi nell’ambito dei singoli processi. Fermo restando la necessità di rivedere complessivamente i processi in una logica digitale e di sistema, il modello di performance management dovrà tenere conto di alcuni punti fondamentali quali:
- la misura dei risultati attesi in funzione dei KPI di processo/ruolo;
- la definizione delle competenze necessarie a ricoprire i ruoli esistenti;
- la frequenza e la condivisione dei feedback alle persone;
- la cultura del miglioramento continuo e della proattività individuale.
La sicurezza
La sicurezza presenta due profili che richiedono di essere affrontati. Innanzitutto quello relativo alla sicurezza del lavoro fuori dagli spazi abituali della sede di lavoro: in questo caso la legge sul lavoro agile del 2017 ha introdotto un approccio molto flessibile, ma nondimeno preciso, ponendo in capo al datore di lavoro obblighi di informazione/formazione ed in capo al lavoratore obblighi di conformità nell’esecuzione sicura della prestazione. Un altro aspetto da tenere in debito conto è quello relativo alla sicurezza dei dati e delle informazioni per la quale occorrerà adottare procedure e sistemi di protezione in grado di creare ambienti di trattamento dei dati sicuri e affidabili soprattutto quando la prestazione di lavoro si svolge fuori dai consueti spazi aziendali.
La comunicazione e le regole
Un programma di comunicazione e di coinvolgimento delle persone a tutti i livelli è sicuramente indispensabile per generare un maggior livello di consapevolezza sulla portata dei cambiamenti richiesti. Una survey iniziale e la diffusione dei relativi risultati può essere una buona iniziativa per raccogliere le informazioni utili a tarare l’intervento e tenere conto delle condizioni “culturali” di partenza che potranno condizionare la portata e l’ampiezza dell’intervento e agevolare l’introduzione delle nuove modalità di lavoro e di organizzazione.
Altrettanto importante sarà definire le regole dello smart working, tenendo conto del quadro normativo legale e contrattuale e del contesto delle relazioni sindacali. Nel caso di ricorso ad una policy aziendale, questa potrà articolarsi sui seguenti punti:
- finalità del programma;
- durata del programma (nel caso si intenda avviare una fase di sperimentazione prima di un avvio definitivo);
- requisiti di accesso al programma (contrattuali, organizzativi, individuali);
- modalità di accesso al programma;
- regolamentazione degli istituti contrattuali impattati;
- frequenza e modalità del lavoro da remoto;
- applicazione dei requisiti richiesti dalla legge e dai contratti.
Conclusioni
Come in tutti i momenti in cui un cambio di paradigma incide sulle nostre abitudini e capacità non possiamo semplicisticamente pensare che una fase di evoluzione organizzativa non presenti anche aspetti problematici legati a difficoltà di adattamento individuali o a ristrutturazioni/riorganizzazioni aziendali con connesse conseguenze legate al livello e alla qualità dell’occupazione. Un aspetto di immediata evidenza riguarda in particolare la possibile perdita del valore sociale e produttivo delle relazioni in presenza e la deriva della liquidità tra lavoro e vita personale e familiare. Si tratta di aspetti che richiedono la massima attenzione e approcci non superficiali se vogliamo che i cambiamenti indotti dallo smart working siano sostenibili per le persone e la società oltre che per l’evoluzione delle imprese.
Antonio Vitale
Independent Advisor, Human Resources, Organization and CSR