Una prospettiva sociologica.
Ilaria Iseppato, PhD in Sociologia e Coach con credenziali ACC-ICF, è Communication Manager di Six Seconds Italia e Program Manager per EQ Biz, la divisione corporate di Six Seconds Italia. Si occupa dei piani di comunicazione del Network di Six Seconds in Italia svolgendo anche funzioni di staff, supporto ai certificati e coordinamento dei progetti interni.
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Quando parliamo di emozioni da un punto di vista neuroscientifico, affermiamo con decisione che non esistono emozioni positive e negative, poiché tutte sono informazioni che, pur con gradi differenti di intensità e piacevolezza, ci aiutano a leggere con maggiore chiarezza le situazioni e a scegliere in maniera più intenzionale. In questo senso, esse vanno tutte accolte e validate in quanto elementi essenziali per le nostre valutazioni. Capita, tuttavia, che i nostri interlocutori storcano il naso di fronte ad una tale prospettiva, spesso perché non siamo culturalmente e socialmente abituati ad allenare la nostra intelligenza emotiva (IE) sin da piccoli e perché, frequentemente, le esperienze educative, di vita e di lavoro ci hanno raccontato un’altra storia.
A questo proposito, la sociologia offre interessanti riflessioni, in particolare modo in relazione alla costruzione sociale delle emozioni: se è vero che neurobiologicamente e da un punto di vista scientifico le emozioni sono neutre, lo stesso non si può dire da un punto di vista sociale. Ogni società, ma anche famiglia o qualsiasi altra forma di aggregazione sociale definisce quali emozioni sono accettate, quali etichette linguistiche utilizzare per descriverle, norma le modalità di manifestazione delle stesse e plasma, al contempo, la capacità dei suoi membri di riconoscerle, interpretarle e viverle. Possiamo affermare che le emozioni sono una potentissima chiave di lettura del rapporto tra individuo e contesto sociale, a qualsiasi livello: Di quali gradi di libertà emozionale gode l’individuo? Chi o cosa determina cosa sia legittimo e lecito provare e manifestare? Quali emozioni socialmente mediate come il senso di colpa, l’imbarazzo o la vergogna, l’umiliazione contribuiscono a mantenere un grado soddisfacente di conformismo e integrità sociale e ad arginare eventuali fenomeni di devianza emozionale?
In quanto contesto sociale ben definito da norme, relazioni e consuetudini strutturate nel tempo, anche l’azienda, come qualsiasi altro contesto organizzativo, non è esente da queste dinamiche. La sociologia contemporanea parla di “lavoro emozionale” proprio per indicare ogni comportamento, pensiero e autoregolazione emotiva che l’individuo mette in atto per conformarsi a quanto richiesto dal proprio contesto lavorativo, spesso obbligandolo a vestire una maschera professionale che lo allontana dalla propria autenticità, non senza costi emotivi personali. Alcuni esempi più eclatanti possono essere quelli dei contesti militari, in cui le regole del sentire e del manifestare sono disciplinate in maniera molto rigida, ma ugualmente si può dire (pur con obiettivi molto diversi!) per gli assistenti di volo e coloro che si occupano di attività di front office o cura del cliente, o per ambienti connotati da estrema formalità e prestigio sociale come gli istituti bancari.
In che modo la lente sociologica può fornire ulteriori strumenti per evocare consapevolezza quando si parla di emozioni ed intelligenza emotiva in azienda? Certamente, ripercorrendo il modello di IE di Six Seconds, arricchisce fortemente le domande potenti che stanno alla base stessa dell’allenamento delle competenze socio-emotive, sia a livello individuale che di team:
- Comprendere le Emozioni: Quali emozioni provo più frequentemente nel mio contesto organizzativo? Quali i miei colleghi o gli altri team?
- Riconoscere i Sentieri Emozionali: Gli schemi emozionali che ripropongo in maniera ricorrente e reattiva rispondono a logiche e bisogni personali o aziendali?
- Utilizzare il Pensiero Sequenziale: Quanto sto valutando l’impatto, in termini di costi e benefici, del “lavoro emozionale” che sto attuando all’interno dell’organizzazione?
- Navigare le Emozioni: Quali emozioni posso liberamente esprimere? Cosa influenza la scelta dell’emozione da manifestare, evocare, valorizzare?
- Trovare la Motivazione Intrinseca: Quanto sono guidato dalla mia personale energia emozionale oppure quanto, invece, sono condizionato da forme di ricompensa sociale?
- Esercitare l’Ottimismo: Quali alternative ho al fine di contenere il mio “lavoro emozionale”, preservando la mia autenticità e, al contempo, senza impattare negativamente sul contesto?
- Far Crescere l’Empatia: In che modo il condizionamento sociale influisce sulla mia capacità di aprirmi e connettermi all’altro, nel rispetto delle diversità? E di connettermi con i miei reali bisogni?
- Perseguire Obiettivi Eccellenti: Nel contesto organizzativo, quanto il mio obiettivo nobile (chi voglio essere per me stesso e per il mondo) trova piena espressione e realizzazione?
I processi emotivi sono un continuo e complesso intreccio di biologia, cultura, psicologia, fisiologia e simbologia; nella costruzione sociale del nostro sé, ci muoviamo costantemente all’interno di un continuum ai cui estremi possiamo collocare la piena (e forse mai totalmente realizzabile) libertà individuale e l’acritica accettazione della prescrizione sociale. In questa continua oscillazione, è possibile mantenere la propria personale tensione all’autenticità, intesa come processo continuo di esplorazione e scoperta di sé e di apertura di spazi di consapevolezza, anche attraverso la lettura delle dinamiche emozionali proprie dei contesti in cui agiamo.
Per approfondire
Hochschild A. R. (1979), Emotion Work, Feeling Rules and Social Structure, in “American Journal of Sociology” 85, 3, pp. 551-575.
Iagulli P. (2011), La Sociologia delle Emozioni. Una introduzione, FrancoAngeli, Milano.
Cerulo M. (2018), Sociologia delle Emozioni, Il Mulino, Bologna.
Freedman J. (2018), Intelligenza Emotiva. Al Cuore della Performance, Six Seconds, Freedom.
Ilaria Iseppato
PhD in Sociologia, Communication Manager Six Seconds Italia