Ecco la terza e ultima parte dell’intervista a Silvia Maestri, Culture Manager/HR, Stantec, con la quale abbiamo parlato di relazione, persona al centro, performance e leadership, genitorialità e conciliazione famiglia lavoro ai tempi del Covid-19, ma non solo.
Secondo il Corano il lavoratore deve essere trattato nel migliore modo possibile, deve essere tutelato in tutte le circostanze del caso e non è ammessa nessuna forma di sfruttamento da parte del datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti, pena la dannazione eterna, al di là delle sanzioni che possano prevedere le leggi dello Stato.
Il normale corso dell’esistenza di un musulmano è tutto proiettato verso la famiglia, che è concepita come il suo ambiente più consono e naturale, ma che rappresenta anche lo strumento attraverso il quale poter realizzare la legge di Dio nella sua forma più piena e completa.
Dal punto di vista dei valori, il popolo filippino è un popolo di grandi lavoratori, e questo è quello che più lo contraddistingue e che forse è un po’ sotto gli occhi di tutti.
La cultura e la concezione della famiglia filippina si fondano più che altro su un misto di culture, asiatica, spagnola e degli abitanti delle isole del Pacifico, con uno pizzico di cultura americana. Gli elementi asiatici si trovano tendenzialmente nella gerarchia familiare, simile a quella del confucianesimo: il padre “detta legge”, anche se spesso la madre mantiene la famiglia intera e l’importanza dei figli è tradizionalmente legata all’ordine di nascita (si usano, ad esempio, i nomi specifici di “kuya” per indicare il fratello maggiore e di “ate” per indicare la sorella maggiore).
Un elemento cruciale per capire il lavoro in Cina è il fatto che negli anni Ottanta c’è stata una scelta politica epocale che ha trasformato milioni di contadini in operai migranti, cioè in persone che lasciavano la propria provincia (ndr. ogni provincia in Cina ha dimensioni come quelle dell’intera Italia, o maggiori) per andare a lavorare lontano da casa.