Marco Vigorelli e la Missione Arcobaleno

La Missione Arcobaleno fu un’iniziativa di solidarietà promossa nel 1999 dal Governo italiano guidato da Massimo D’Alema. Il suo intento era quello di sostenere i profughi albanesi durante la guerra del Kosovo.

Inizialmente l’Italia voleva dare il proprio sostegno attraverso l’accoglienza di 25.000-30.000 profughi nel territorio italiano. Tuttavia le dimensioni dell’esodo portarono il Governo a decidere per l’istituzione di una raccolta fondi privata, la cui gestione fu affidata ad un commissario delegato esterno, il professor Marco Vitale, bresciano esperto di economia d’impresa.

La campagna di sottoscrizione fu imponente e controversa, accompagnata da un lato dalla grande solidarietà degli italiani e dall’altro da forti proteste provenienti dalla società civile, soprattutto quella di matrice pacifista.

Partita ufficialmente il 1º aprile 1999 con il trasferimento a Kukes del personale della Croce Rossa Italiana, del volontariato della protezione civile e dei materiali necessari al primo intervento, nel giro di poche settimane la Missione rese operativi 23 centri (per un totale di circa 39.000 posti), l’allestimento di un ospedale e la predisposizione dell’ex-base militare di Comiso.

Nel mese di agosto del 1999 scoppia però un grosso scandalo che denuncia furti e sprechi nell’ambito della missione e che si conclude il 17 maggio 2012 con la sentenza della seconda sezione penale del tribunale di Bari, la quale dichiara il “non luogo a procedere per intervenuta prescrizione di tutti i reati”. Nessuno degli imputati viene condannato.

Per maggiori informazioni sulla Missione Arcobaleno:

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Il 27 settembre 2017, la Fondazione Marco Vigorelli incontra Marco Vitale il quale rilascia un’intervista su Marco Vigorelli, che a maggio 1999 era stato eletto commissario locale per la gestione dei fondi di Milano e della Lombardia nell’ambito della Missione Arcobaleno.

Di seguito riportiamo uno stralcio dell’intervista.

Un grande punto della mia memoria su Marco è l’Operazione Arcobaleno-Gestione Fondi Privati. Quando nel 1999 fui chiamato dal Presidente del Consiglio D’Alema, come responsabile della Gestione dei Fondi Privati – raccolti da una grande campagna di raccolta fondi i cui testimonial furono Montanelli, Scalfari e Biagi e che ebbe un successo straordinario perché di fronte alla tragedia del Kosovo gli italiani risposero con una generosità che poi non si è più vista in queste dimensioni, infatti nel giro di poco tempo il fondo Arcobaleno-Gestione Fondi Privati raccolse più di 100 miliardi di lire (120-130 miliardi di lire) – D’Alema, su suggerimento, credo anche di Montanelli, nominò me come unico commissario, fuori da tutte le “pastoie” dell’amministrazione pubblica. I funzionari del Tesoro cercarono di attrarre questo Fondo “dentro”, nelle loro regole, ma io ebbi uno scontro molto duro dicendo: “Voi siete in contrasto con quella che è l’ispirazione di questo Fondo”. Perché questo Fondo fu lanciato con la parola d’ordine “Dai cittadini italiani ai cittadini kosovari”, non mediato attraverso lo Stato e il Governo. E quindi difendemmo l’assoluta autonomia di questa Operazione che è stata di grandissimo successo.

Però quando con il Tesoro, Banca d’Italia, nel corso della riunione chiarimmo che era una gestione privata, veramente privata, a quel punto io mi trovai solo di fronte a un compito immenso. Perché noi dovevamo vagliare le necessità del popolo kosovaro (un milione di persone circa), che si era trasferito dal Kosovo all’Albania e quindi c’era un compito tremendo che veniva affrontato dalle ONG, attrezzate per i campi etc. Il nostro compito era quello di vagliare ciò che facevano le ONG, la loro capacità, la loro correttezza e di decidere a quale di questi progetti allocare dei fondi e poi seguire la gestione dei fondi, che fosse monitorata e corretta. Quindi era un compito gigantesco. E allora io ebbi la felice idea di rivolgermi a Marco, il quale con grande disponibilità, generosità e competenza mi aiutò enormemente, nel giro di poco tempo, a montare una macchina organizzativa, delle procedure di rendicontazione, di controllo; mi mise a disposizione un gruppetto di giovani dalla Andersen Consulting bravissimi. E quindi riuscimmo ad affrontare questo compito immane con uno strumento bello, che funzionava ed era affidabile. E questo è dovuto soprattutto a Marco. Questo non mi è mai capitato di dirlo con tanta chiarezza come lo sto dicendo adesso.

Alla fine dell’Operazione, che fu un grandissimo successo, il responsabile dell’ONU, che era Staffan De Mistura, mi mandò una bellissima lettera, “Un grazie dall’ONU”, diretta a me come responsabile, dove racconta come questa nostra operatività fosse stata straordinaria; e quindi esprime a me, ma anche “a tutti i suoi collaboratori”, un grazie enorme perché abbiamo visto degli interventi rapidi, concreti, attenti ai bisogni reali della gente – è una bellissima lettera, non burocratica. Questa lettera, pur intestata a me, per metà la giro a Marco, e ci tengo che venga detto, che venga documentato, che dietro questa grande operazione per metà c’è Marco Vigorelli.

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La lettera di Staffan De Mistura, allora Rappresentante dell’ONU in Europa

Un grazie dall’Onu

Caro Professor Vitale, ci sono momenti in cui si volta indietro e si fa un esame di coscienza su come abbiamo affrontato i mesi passati. Uno dei questi “crocevia” è senza dubbio la fine dell’anno. Ebbene, mi creda, nella mia personale “carrellata” degli avvenimenti di questo difficile 1999, un posto particolare si meritano nella mia memoria le attività in Kosovo della Operazione Arcobaleno.

Nelle emergenze, e ancor più nell’immediato periodo post-emergenza è essenziale che gli interventi siano rapidi, concreti, diversificati e realizzati con particolare attenzione ai bisogni reali della gente. Questo non sempre si avvera perché le “grandi strutture umanitarie” vedono di buon occhio “grandi progetti” e questi a loro volta spesso richiedono, inevitabilmente, tempi lunghi. Che questi progetti di ricostruzione siano necessari per un bilancio di una Regione devastata dalla guerra, non vi è dubbio, ma nel frattempo non possiamo e non dobbiamo tralasciare le quotidiane necessità della gente del Kosovo che deve essere aiutata concretamente a ricominciare una vita normale e non lasciarsi andare ad una futile spirale di vendetta. È proprio in questo spazio intermedio tra l’emergenza iniziale e la ricostruzione che ho potuto constatare con i miei occhi quanto efficace, vitale, appropriato e attento alle esigenze reali della gente sia stato l’intervento dell’Operazione Arcobaleno in Kosovo. Questa difficile Regione tuttora afflitta dalla incapacità di voler vivere una realtà multietnica, merita comunque una mano nell’applicare almeno una forma di coesistenza pacifica. E questo obiettivo che è molto più realisticamente realizzabile ha bisogno di continui fatti concreti di interesse comune a tutta la comunità locale come gli ambulatori, le discariche, gli scuola bus; il microcredito bancario, l’assistenza alle donne e ai bambini afflitti da stress post-traumatici, le stufe, le scuole, l’aiuto alla ricostruzione delle case…

Tutto questo lo sto vedendo in Kosovo realizzato anche e molto bene dalla Operazione Arcobaleno in Kosovo e vorrei, a nome dell’Onu, e mio personale ringraziare Lei, i suoi collaboratori, e le migliaia di silenziosi e generosi “azionisti della buona volontà” italiani che hanno reso tutto ciò possibile durante questo difficile 1999 in Kosovo.

Grazie. Suo

Staffan De Mistura
Rappresentante dell’ONU in Europa