di Marco Vigorelli e Vincenzo Mancini
Articolo apparso in «Banche e banchieri», anno IX, n. 1, 1984, pp. 45-55
Di Controllo di Gestione in Banca si parla a proposito ed a sproposito in Italia dal 1974.
L’argomento può considerarsi maturo anche se a nostro avviso c’è ancora molto da fare sia in termini di chiarezza di contenuti che di realizzazioni pratiche.
Obiettivo di questo articolo non è pertanto di illustrare le teorie del controllo di gestione o l’opportunità o meno di realizzarlo, quanto piuttosto di presentare una delle tante esperienze da noi vissute al fine di dare un contributo concreto in termini di contenuti e di realizzazioni.
Approccio tradizionale: modello asettico
Quando in Italia si cominciò ad affrontare il problema risultò ovvio fare riferimento ad esperienze estere conosciute e a quanto fatto nelle aziende industriali. Ne nacque un «modello asettico» in cui si cerca di forzare l’azienda bancaria in uno schema di riferimento che non le è proprio. Questa forzatura generata da conoscenze parziali e difficilmente integrabili degli addetti ai lavori (consulenti/aziendalisti con esperienze concrete di metodologie gestionali ma non di banche e bancari con profonda conoscenza dell’organizzazione della banca ma non di strumenti gestionali) ha portato a focalizzare gli sforzi su un aspetto relativamente marginale del Conto Economico delle Banche, come verrà di seguito illustrato.
Sulla scia della tradizione industriale i modelli proposti si sono di fatto orientati alla ricerca del cosiddetto «costo di produzione» del servizio bancario, usando tecniche sofisticate di dubbia applicazione nell’ambito di un’azienda di servizi (costi standard, tecniche di rilevazione tipo MTM ecc.) e concentrando il loro impegno sull’analisi delle «spese generali» (costi del personale, costi e spese diverse, ammortamenti) che di fatto rappresentano solo il 12% della somma dei costi e ricavi in una tipica azienda bancaria (vedi tabella 1).
Inoltre l’uso prevalente dei dati contabili produce informazioni discutibili, specialmente se si tiene presente la scarsa significatività ai fini gestionali delle voci di costo di competenza relative a mobili, immobili ed impianti (specialmente se di proprietà) ed al costo effettivo dei singoli dipendenti che può variare da a 2 a parità di funzione svolta.
Limiti applicativi e scarsa significatività dell’approccio tradizionale
L’applicazione concreta del «modello asettico» ha subito identificato una serie di sorprese rilevanti che ne hanno rapidamente messo in luce i limiti pratici di utilità.
In primo luogo è risultato evidente che mentre in una impresa industriale la gestione è concentrata sui costi e sui ricavi e quindi sulla composizione del «Conto Economico», la chiave della redditività bancaria deriva invece dalla gestione delle masse finanziarie e quindi dalla composizione dello «Stato Patrimoniale» (vedi tabella 2). Ne consegue che cardine di un controllo di gestione in banca è l’analisi della distribuzione delle masse finanziarie fra le varie voci dello Stato Patrimoniale ed i suoi effetti sul Conto Economico e non una mera imputazione per destinazione delle Spese Generali.
In secondo luogo si è rilevato che è determinante la conoscenza immediata e visiva della distribuzione delle proprie masse attive per tipo di intermediazione (clientela, titoli liberi, titoli vincolati, interbancario) e di quanta parte delle masse finanziarie genera o meno interessi (vedi tabella 3). Questa conoscenza presuppone il non utilizzo di «saldi contabili puntuali» (sottoposti a limiti e a vincoli civilistico/fiscali) ma di «capitali medi finanziari» che rappresentano la vera fonte dei costi e ricavi finanziari.
Inoltre (terza sorpresa) la comprensione dei fenomeni finanziari ha richiesto la «compensazione di talune voci attive e passive» (in particolare: la compensazione delle varie poste relative all’interbancario attivo e passivo e la raccolta al netto della riserva contanti presso la Banca d’Italia), al fine di rendere la struttura patrimoniale neutra da gonfiamenti che falsano la sostanza dei fatti.
La sorpresa conseguente all’utilizzo di «capitali medi» e di «poste nette» porta ad ottenere uno «Stato Patrimoniale Finanziario effettivamente disponibile» al banchiere, pari media-mente al 60% di quello ufficiale, con una notevole differenza di peso percentuale delle varie voci (vedi tabella 4).
L’ultima sorpresa riscontrata è stata infine l’elevata importanza relativa (vedi tabella 5) di alcuni fenomeni accessori quali i «giorni valuta», il fenomeno della «capitalizzazione composta», i vincoli Banca d’Italia ecc., che costringono a rivedere le priorità circa quello che un sistema di controllo di gestione deve analizzare.
Revisione del modello asettico: creazione del modello bancario
L’esperienza maturata e l’analisi delle scoperte effettuate ha pertanto portato a modificare sensibilmente lo schema tradizionale e ad elaborare un modello di controllo di gestione «tipicamente bancario», non più quindi come adattamento di quello industriale ma basato sulle integrazioni delle conoscenze metodologiche gestionali e di quelle bancarie.
Le caratteristiche fondamentali di questo modello sono:
1) la riconosciuta priorità delle voci finanziarie (interessi, capitali medi, tassi di rendimento) rispetto alle voci di spesa (costo di produzione, spese generali);
2) una segmentazione dell’attività della banca (vedi tabella 6) in attività finanziaria pura (intermediazione finanziaria) ed in attività di servizio (movimentazione denaro);
3) una classificazione ad «albero» dei prodotti della banca (vedi tabella 7) che tiene conto dei diversi tipi di servizi resi dalla banca alla propria clientela;
4) la rilevazione dell’effetto economico e del contributo alla redditività globale della banca dei «fenomeni accessori» (giorni banca, regimi di capitalizzazione, esenzioni fiscali ecc.).
Questa struttura permette di segmentare il reddito prodotto dalla banca in forma scalare, isolando i «margini» (ricavi meno costi diretti) degli impieghi, da quelli della raccolta, da quelli dei servizi ecc. (vedi tabella 8) e fornendo un’indicazione delle loro componenti elementari che di fatto rappresentano le leve di manovra a disposizione della Direzione per influire sui risultati economici dell’azienda.
Difficoltà applicative pratiche
In aggiunta a quanto sopra esposto, sia che si utilizzi un modello di tipo industriale (modello asettico), che uno bancario, l’attuazione concreta si scontra con una realtà ambientale scarsamente predisposta alla sua accettazione.
Il primo scoglio da superare è la «cultura interna», normalmente non predisposta ad un’ottica gestionale, con una struttura decisionale spesso di tipo accentrato, basata su sensazioni di volume, scarsamente suffragata da informazioni quantitative e quasi mai « reddituali» (approccio direzionale tradizionalmente accentrato in alternativa ad una cultura gestionale di tipo decentrato).
La seconda difficoltà è generata da una struttura EDP normalmente rigida, per prodotto (c/c, estero, titoli ecc.), scarsamente integrata, che rende molto difficile sia la rilevazione di nuovi tipi di informazione (es. capitali medi erogati per lo sconto) che la loro aggregazione globale e sintetica.
Inoltre (terzo aspetto), la struttura contabile tradizionale, orientata alla «certificazione» dei fatti aziendali nei confronti dei terzi e non alle informazioni gestionali interne, non fornisce in modo diretto i dati necessari per il controllo di gestione e finisce per costituirne un avversario piuttosto che un alleato.
Approccio realizzativo pragmatico
La conseguenza pratica alle difficoltà applicative sopra esposte ci ha pertanto portato ad affrontare il problema in due momenti.
Una prima fase di tipo «iniziazione» durante la quale vengono predisposte le informazioni gestionali chiave (vedi tabella 9) a livello banca, in modo modulare, con scarsi interventi sull’EDP, utilizzando, previa rielaborazione, i dati contabili disponibili.
Una seconda fase in cui poco per volta ed in modo modulare, mentre già si ottengono le informazioni direzionali di tipo gestionale predisposte con la prima fase, si realizza il sistema vero e proprio di controllo di gestione con:
• analisi della redditività a livello prodotto/cliente/centro;
• gestione budgetaria e per destinazione delle Spese Generali;
• analisi della produttività.
I vantaggi pratici di questo approccio, di cui una esperienza concreta verrà di seguito esposta, si possono così sintetizzare:
1) formazione per gradi della «cultura interna» all’utilizzo di informazioni fino ad ora non disponibili e quindi ad una gestione delle decisioni centralizzate o decentrate;
2) possibilità di ottenere in tempi accettabili informazioni gestionali sofisticate di tipo bancario (non industriale) che normalmente richiederebbero tempi molto lunghi;
3) impatto «morbido» su contabilità ed EDP con una lenta preparazione a trasformazioni di ampia portata;
4) preparazione graduale dell’ambiente ad un modo nuovo di gestire evitando traumi e crisi di rigetto.
Esperienza concreta
L’esperienza concreta che qui descriviamo e che è ormai maturata su più realizzazioni, prevede nella fase di «iniziazione» una serie di progetti, ognuno compiuto in se stesso e con informazioni complete, che portano ad un primo livello di Reporting Gestionale mediamente nell’arco di un anno (per banche medie).
Le caratteristiche comuni ai vari progetti sono:
– usare una procedura per lo più manuale (o con l’aiuto di un Personal Computer) per la produzione dei Rapporti Informativi;
– usare tecniche di rilevazione statistica per le informazioni non disponibili, quali ad esempio i dati relativi ai giorni banca su tutte le operazioni, oppure la durata media del portafoglio scontato;
– accettare un grado di precisione non contabile ma controllato sulla base di metodi statistici (ad esempio definendo che al 95% delle probabilità l’errore nella valorizzazione economica dell’effetto «giorni banca» sarà confinato in circa 500 milioni per ogni 15 miliardi – circa il 3%);
– richiedere per la messa in opera persone con notevole conoscenza della banca, in particolar modo dell’alimentazione della contabilità generale e delle informazioni gestite dalle procedure meccanizzate.
I dati ottenibili forniscono alla Direzione, che vuole fare Controllo di Gestione, uno strumento operativo e decisionale, oltre che informativo, che le permette di agire sui parametri chiave della redditività della banca e di misurare in tempi brevi l’effetto delle decisioni prese.
I benefici indotti sono stati molti e significativi. Non è infatti vera la tradizione, di comodo, che vede nella banca un organismo su cui è estremamente difficile incidere e che in ogni caso reagisce con grande lentezza.
La conoscenza delle masse finanziarie in gioco e della loro dinamica, l’interpretazione di fenomeni particolari, quali la capitalizzazione composta (incasso/pagamento interessi con periodicità inferiore all’anno), la valorizzazione dei giorni valuta (di cui è nota ma raramente quantificata l’importanza), l’analisi dei prodotti per margine di contribuzione, la comprensione dell’effetto combinato del leverage (mezzi propri su totale investimenti) sul margine finanziario e sul ROE (ritorno sui mezzi propri) permettono di migliorare la comprensione dell’azienda bancaria e di alcuni dei parametri chiave della sua gestione.
I progetti individuati nella fase di «iniziazione» sono nell’ordine di realizzazione:
– Bilancio Finanziario
– Rendiconto Economico Gestionale
– Rilevazione Produttività
– Preparazione Budget e Sintesi Direzionale
Bilancio Finanziario
Obiettivo primario del Bilancio Finanziario è consentire l’interpretazione sistematica dei risultati economici della banca, sulla base dei capitali medi finanziari effettivamente impiegati e raccolti nel periodo. Tale obiettivo è raggiunto mediante una procedura manuale che, con cadenza infraannuale (tipicamente trimestrale), attingendo a tutte le fonti informative disponibili all’interno della banca, fornisce:
– un conto economico scalare riclassificato;
– uno stato patrimoniale a capitali medi liquidi direttamente correlato al conto economico;
– indici gestionali;
– analisi delle variazioni del margine finanziario e della struttura dello stato patrimoniale.
Tale sistema di rapporti permette di:
– seguire l’evoluzione dei tassi relativi agli impieghi fruttiferi e alla raccolta onerosa della banca;
– misurare l’effetto della riserva contanti sul costo della raccolta;
– evidenziare le masse finanziarie effettivamente gestite nel corso del periodo e le loro variazioni in volume e composizione;
– calcolare il contributo al risultato economico dell’esercizio delle varie forme di impiego e dei mezzi propri e la sua evoluzione nel tempo (vedi tabella lO).
I benefici che sono stati immediatamente riscontrati a seguito della introduzione del Bilancio Finanziario sono di varia natura:
– migliore conoscenza e controllo sui tassi medi e sulla loro dinamica;
– possibilità di confronto della redditività dei vari prodotti che permette una più consapevole gestione del mix degli impieghi;
– determinazione dell’effetto della riserva contanti sul costo effettivo della raccolta disponibile con conseguente evidenziazione degli effetti economici di politica di bilancio, di consuetudini contabili e dei criteri di pilotaggio degli incassi e dei pagamenti (vedi tabella 11);
– primo passo nell’analisi della gestione tesoreria in termini di capitali medi impiegati e raccolta sull’interbancario in lire e valuta e sui tassi spuntati per le varie forme tecniche;
– primo esame in ottica gestionale delle procedure della banca;
– possibilità di valutare la correttezza dei dati prodotti dal sistema informativo: ad esempio un’errata imputazione di interessi in contabilità generale viene interpretata nel Bilancio Finanziario come un’ anomalia sui tassi dei prodotti interessati.
Rendiconto Economico Gestionale
Obiettivo del Rendiconto Economico Gestionale è determinare il contributo dei vari tipi di centri di profitto della banca (dipendenze, titoli e borsa, estero, banche ecc.) e dei vari prodotti, nelle loro componenti di impiego, raccolta e servizio, al risultato economico della banca.
A tale scopo vengono utilizzate le informazioni fornite dal Bilancio Finanziario in termini di conto economico scalare e di stato patrimoniale a capitali medi liquidi, che vengono integrate da altre informazioni miranti a separare la redditività propria dei vari prodotti forniti alla clientela.
Per quanto riguarda la redditività dei prodotti finanziari viene separata la componente della raccolta da quella degli impieghi mediante l’adozione di un « pool» di tesoreria. Tale pool remunera la raccolta ed addebita gli impieghi mediante degli interessi figurativi, calcolati sulla base dei capitali medi dello stato patrimoniale e di un tasso di trasferimento interno convenzionale.
A questa componente del calcolo della redditività delle masse finanziarie si aggiungono gli effetti economici di fenomeni quali:
– giorni banca;
– capitalizzazione composta;
– benefici fiscali (limitatamente agli impieghi esenti).
Per quanto riguarda la redditività dei servizi, ad essi viene riconosciuto l’effetto economico dei giorni banca che viene sottratto agli interessi reali dei prodotti finanziari, dove viene registrato dalla contabilità generale tradizionale. Agli stessi servizi viene addebitato un costo di trattamento quantificato sulla base dei dati forniti dalla procedura Rilevazione Produttività di cui parleremo di seguito.
La procedura, con cadenza analoga a quella del Bilancio Finanziario, fornisce:
– un conto economico scalare che evidenzia la contribuzione delle dipendenze, suddivisa per prodotti di impiego, raccolta e servizi, e la contribuzione degli altri centri di profitto;
– un’analisi della composizione del margine di ciascuno dei principali prodotti esaminati;
– un’analisi della composizione del margine dei centri di profitto esaminati (le dipendenze sono considerate in blocco);
– un riepilogo degli effetti convenzionali analizzati che comprende anche il margine degli impieghi obbligatori.
Tale sistema di rapporti permette di:
– determinare il tasso effettivo annuo dei vari prodotti di impiego e raccolta (vedi tabella 12);
– calcolare il rapporto costi/ricavi dei servizi in maniera molto più corretta di quanto non permettano gli attuali sistemi contabili;
– diagnosticare, attraverso un’opportuna scelta del tasso di trasferimento interno, i punti di forza e di debolezza della banca sul mercato;
– seguire la dinamica e quantificare gli effetti economici di fenomeni fino ad ora solo intuiti,
quali i giorni banca, la capitalizzazione composta e i benefici fiscali degli impieghi esenti.
I benefici che abbiamo potuto riscontrare a seguito dell’introduzione della procedura Rendiconto Economico Gestionale possono essere così sintetizzati:
– prima quantificazione di un margine dei servizi calcolato in maniera gestionalmente corretta, che porta a riconoscere il notevole contributo di questi prodotti al risultato economico della banca, pari a circa il 30% della contribuzione delle dipendenze;
– maggior attenzione, a livello direzionale, al fenomeno dei giorni banca (vedi tabella 13) e possibilità di misurare i risultati di eventuali cambiamenti di strategia in questo campo;
– introduzione nella banca del concetto di raccolta come attività fonte di ricavi e non solo di costi.
Rilevazione produttività
Obiettivi del progetto sono:
– valutare e quantificare il carico di lavoro delle dipendenze; valutare l’efficienza del lavoro delle dipendenze;
– valutare il costo dell’operazione per la parte di attività svolta in dipendenza e per la sola componente lavoro.
La procedura consiste nella definizione di «pesi» relativi per le varie operazioni, prendendo come riferimento l’operazione più comune e significativa. Il metodo usato è quello tipo «Delphi », in cui si fanno convergere le stime di vari gruppi di esperti (normalmente operativi di dipendenza) su una valutazione media generalmente accettata. Il sistema è volutamente semplice e veloce.
Sulla base poi del confronto di risorse disponibili ed attività svolta (pesi lavorati) si possono effettuare le analisi desiderate sui carichi di lavoro delle dipendenze ed assegnare un costo alle operazioni basato sul lavoro medio e sul costo delle risorse disponibili.
I benefici riscontrati sono:
– migliore distribuzione delle risorse fra le dipendenze in base a dati omogenei e generalmente accettati;
– possibilità di controllare l’efficienza delle dipendenze per eccezioni, concentrandosi sul miglioramento di quelle con problemi e studiando le cause della « performance» delle migliori (vedi tabella 14);
– studiare e mettere in opera, misurando l’effettivo impatto, procedure e strumenti atti a migliorare l’efficienza del lavoro.
Preparazione budget e sintesi direzionale
A conclusione dei progetti precedenti è possibile realizzare un processo previsionale volto a definire gli obiettivi a cui tendere nella gestione della banca.
Si tratta di una procedura semplice, che utilizza i concetti e le informazioni ottenuti dal Bilancio Finanziario, dal Rendiconto Economico Gestionale e dalla Rivelazione Produttività e predispone uno stato patrimoniale ed un conto economico di previsione. Il budget viene fatto a livello centrale e con dettaglio non eccessivo, lavorando essenzialmente sui volumi (capitali raccolti, impiegati e movimentati) e sui prezzi (tassi, condizioni ecc.).
Le dipendenze ricevono una serie di obiettivi quantitativi (per lo più di crescita e di movimentazione) oltre che una serie di indicazioni di tipo qualitativo (nuovi servizi o settori di clientela da sviluppare).
Viene rivisto tutto il sistema di rapporti per la Direzione inserendo l’analisi delle variazioni
consuntivate rispetto agli obiettivi in termini di prezzo e volume. È possibile, inoltre, effettuare analisi a livello dipendenza sul raggiungimento di obiettivi prefissati, il che è più significativo che effettuare valutazioni per confronto con unità organizzative omogenee e con periodi precedenti.
Si conclude così la fase di «iniziazione» durante la quale la banca è stata sensibilizzata ed incuriosita dai risultati ottenuti.
Le fasi successive tendono ad approfondire l’analisi, scendendo a livello centri di responsabilità più di dettaglio, se si vuole accentuare la responsabilizzazione e la valutazione delle dipendenze, ed a livello cliente, se si vuole evidenziare la redditività come informazione base per la valutazione commerciale non solo del prodotto ma anche del cliente.
Il costo ed i tempi necessari per la realizzazione delle fasi successive sono notevolmente più elevati per due motivi:
– quanto più in dettaglio (piccoli numeri) si vuole arrivare, tanto più sofisticato dovrà essere il sistema;
– la necessità di realizzare procedure meccanizzate, dati i volumi in gioco, porta a scontrarsi con difficoltà di integrazione EDP notevoli.
Ma la decisa volontà della Direzione, la buona conoscenza dei fenomeni in gioco, la preparazione già effettuata e comunicata delle esigenze EDP rende sicuro il successo.
Vincenzo Mancini
Marco Vigorelli
Gli autori di questo articolo sono soci della Arthur Andersen & Co. Management Consultants s.a.s. Il Dr. Marco Vigorelli dal 1979 coordina su base nazionale gli interventi della Arthur Andersen & Co. in ambito bancario e finanziario, il Dr. Vincenzo Mancini dal settembre 1981 è responsabile dell’attività di consulenza della società, nella sede di Bologna.